10 Dicembre 201
Ero tranquillo in negozio che sfogliavo “Milano Sud” di novembre, aspettando che arrivasse il mio turno.
Quando Totò mi ha fatto cenno di sedermi, curioso di sapere cosa diceva l’artico con la foto di Matteo Salvini a braccetto con un nero, mi son portato il giornale da leggere in poltrona.
Per leggere tutto il post clicca sull'immagine a lato oppure qui.
Mi sono affidato all’esperienza di Totò che ha iniziato ad insaponarmi.
“Vittima o carnefice?” Noooo cos’hai capito, non ero io, era il titolo dell’articolo, mentre il sottotitolo recitava: “Il paradosso dello straniero che rinnega le proprie origini”.
Mostrando l’articolo nella pagina, mi son girato verso Totò in cerca di consenso. Ma il Figaro de Chiesa Rossa, avendo già letto l’articolo, mi ha detto: “Se t’arrabbi mò, quando arrivi alla fine cheffai?”.
Infatti… poco dopo la metà dell’articolo, l’uso inappropriato di alcune parole, espressioni, considerazioni gratuite – che ho grassettato - ed il contributo dell’esperta, mi hanno fatto capire che si trattava di un articolo, preconcettuoso, discriminatorio, arrivo a dire… razzista.
Una caratteristica di una parte di “intellettuali” che spesso non si rende conto di ciò che dice e che crede di possedere la verità per tutto. È per questi motivi che ho deciso di scrivere questo post.
Renisa Gjermeni, immagino volesse farci notare la stranezza, l’assurdità, l’incomprensibilità (secondo il giudizio comune) della scelta che può fare uno straniero (ma nel dell’articolo parla spesso di immigrato) di cambiare idea. Pontificando che questa, non fosse già la medesima che aveva quando è arrivato (in italia. Perché è di questo che si parla).
“Ci sono due scelte fondamentali nella vita: accettare le cose come sono o accettare la responsabilità di cambiarle”.
L’articolo inizia dicendo che il neo senatore (il Toni nero) “di appartenenza” al partito della Lega - noooo semmai militante, non di proprietà - afferma che «La Lega non è contro l’immigrazione, vogliamo soltanto regolamentarla, anche per difendere gli immigrati regolari».
L’opinione del Toni Iwobi, è subito classificata dalla Gjermeni (originaria di…??? Mi chiedevo) “un paradosso”. Termine che ho percepito sinonimo di “assurdità” di “che non sta ne in cielo ne interra”.
La giornalista, nel riportarci l’affermazione, non manca si farci sapere che il Iwobi è un neo senatore. Una precisazione credo fatta non per valorizzare l’immagine del senatore, suppongo.
Non so a te, ma quando una frase con… “Episodi di questo genere” il sapore saccente mi da un brivido nella schiena maggiore anche di quello di paura di quanto Totò – diminutivo di Salvatore - entra con la punta del rasoio nel buco del naso, per tagliarmi i peli che ne escono. - «Eh statte fermo, se nu voi che ei taio o naso».
La cronista si chiede se la responsabilità dello straniero di cambiare, sia un sinonimo “di integrazione o di annullamento d’identità”.
Prosegue analizzando quali meccanismi psicologici (intendendo dello straniero) col passare del tempo, possano portarlo a cambiare idea, sino a farlo ragionare, inconsciamente, in maniera opposta a quella del suo arrivo (in Italia). Cambiamento che lo conduce al proposito di “voler rinnegare le proprie origini” per soddisfare il desiderio di “passare inosservato”. Ma le sostanze stupefacenti sono ancora vietate in Italia?
La Renisa allora chiede un parere alla psicologa Laura Pirotta, un’autorità in materia di disturbi da stress (della quale credo di aver individuato il sito).
La laureata afferma che la decisione di cambiare idea è “adoperata” dal migrante a mo’ di “effetto camaleonte” come difesa, aggiungendo essere questa “molto diffusa”.
La Pirotta segue nell’analisi rivelando al lettore tre impensabili possibilità che il migrante ha di fronte, una volta arrivato in terra straniera: “integrarsi” “non integrarsi” o… - mettiti seduto – “una via di mezzo”. Stupefacente... rivelazione.
Quest’ultima, con un guizzo di creatività la docente la definisce “la buona integrazione”. (Superficialità o ipocrisia, mi chiedo).
La Laura prosegue citando l’analisi transazionale, la quale afferma che nell’ambito della vita dell’essere umano “dopo un lungo periodo in cui subisce violenza o discriminazione” (la vittima) “decide se diventare a sua volta salvatore, oppure persecutore” consapevole o non.
Mi rendo conto di avere la lama del rasoio distesa all’altezza della carotide, e che deglutire la cazzata appena letta potrebbe farmi sgozzare involontariamente dal Salvatore Taglialagola – in arte Totò.
Riprendo a leggere, la Pirotta, porta il caso dello straniero che ha sventato una rapina, come esempio della vittima fattosi salvatore. Sono andato a vedere in rete ed ho trovato più di una vittima trasformatosi in “salvatore”. Se vuoi vederli: uno due tre etc.).
La Gjermeni allora chiede alla sua consulente se ci sono italiani “camaleontizzati”.
L’esperta afferma che anche gli italiani – bada ora sto semplificando perché a tutto c’è un limite – dicevo… anche gli italiani razzisti o no che siano, quando sono incazzati con l’immigrato diventano persecutori, ed inconsapevolmente razzisti. Ma… anche le vittime, (gli immigrati suppongo, così ho capito) per non essere più vittime, diventano persecutori, “creando nuovamente il circolo vizioso”.
E ancora… il tutto è una sorta di GIOCO delle dinamiche piscologiche che a volte guidano i comportamenti umani e tengono con… dai non è possibile, ci rinuncio.
Qui sotto invece, c’è l’immagine che riporta la massima delle due scelte fondamentali nella vita, che ho messo inizialmente, sperando… di farti credere che fosse mia, mentre l'ho tratta dal sito della Pirotta, al quale puoi accedere cliccando qui.
A seguire ti allego la scansione dell’articolo della Gjermeni, nel caso l'mmagine non fosse sufficientemente chiara ti allego il testo dell'articolo dattiloscritto.
Il post termina con l’affermazione, l’opinione che per il suo singolare contenuto o per il modo in cui è stata espressa è o appare, contraria al giudizio comune, ed è quindi ritenuta strana o non vera: paradosso. Secondo il dizionario in rete della Hoepli.
Se vedom... elbor - Alia Ivo Borgonovo
Vittima o carnefice?
Il paradosso dello straniero che rinnega le proprie origini
di Renisa Gjermeni
Il primo senatore nero della Repubblica Italiana è della Lega. Toni Iwobi, di origine nigeriana e residente in provincia di Bergamo, è stato eletto senatore dopo 25 anni di appartenenza al partito. «La Lega non è contro l’immigrazione - afferma il neo senatore - vogliamo soltanto regolamentarla, anche per difendere gli immigrati regolari».
Episodi di questo genere sono sinonimi di integrazione o di annullamento d’identità? Se si volesse analizzare nello specifico quali meccanismi psicologici avvengano da parte di chi ha subito discriminazioni in quanto straniero e poi, con il passare del tempo, ha gradualmente cambiato idea, fino ad iniziare a ragionare nel modo opposto, si potrebbe affermare che ci sia una componente inconscia che conduca a voler rinnegare le proprie origini, quasi come se si desiderasse integrarsi talmente tanto da voler passare inosservati.
La psicologa Laura Pirotta, esperta di disturbi legati allo stress, afferma che questo “effetto camaleonte” adoperato dal migrante, può essere considerato un meccanismo di difesa molto diffuso. «L’essere umano è un animale sociale che vive necessariamente all’interno di un branco. Quando emigra dal proprio paese, ritrovandosi fuori dal proprio gruppo, ha tre possibilità: integrarsi al punto quasi di rinnegare le proprie tradizioni, non integrarsi per niente rimanendo chiuso nella propria cultura, oppure una via di mezzo: la buona integrazione».
E come avviene?
«Secondo l’analisi transazionale, una branca della psicologia sociale, esiste un triangolo di ruoli attorno al quale l’essere umano orbita durante l’arco della sua vita, composto da vittima, salvatore e persecutore. Dopo un lungo periodo in cui subisce violenza o discriminazione, la cosiddetta vittima decide se diventare a sua volta salvatore (come nel caso di cronaca del ragazzo straniero che sventò la rapina davanti al supermercato), oppure persecutore. Quest’ultimo può essere consapevole e colmo di rabbia, oppure inconsciamente guidato dalla ricerca del riscatto sociale».
Sono dinamiche che riguardano solo gli stranieri?
«No, è un meccanismo che può coinvolgere anche gli italiani quando, perseguitando o non accettando l’immigrato, diventino loro stessi persecutori, dando inconsapevolmente origine al razzismo. Allo stesso tempo, per cercare di uscire dal ruolo, le vittime a loro volta diventano persecutori, creando nuovamente il circolo vizioso». Una sorta di gioco di ruolo sociale, utile per capire quali dinamiche piscologiche talvolta guidino i comportamenti di italiani e stranieri, e tentare, attraverso un’educazione all’identità e alla relazione, di evitare posizioni estreme.
paradosso [pa-ra-dòs-so]
A s.m.
1 Affermazione, opinione che per il suo singolare contenuto o per il modo in cui viene espressa è o appare contraria al giudizio comune, ed è quindi ritenuta strana o non vera: parlare per paradossi; p. matematico
2 Fatto eccentrico, assurdo, fuori dalla logica comune: il p. dei morti per fame in un paese ricco
B agg.
1 MED Di fenomeno che avviene in modo anormale: disfagia paradossa
2 ant. Paradossale: a molti paiono queste cose iperbole o paradosse(Varchi)
paradosso2
[pa-ra-dòs-so] s.m.
1 EDIL Ciascuna delle travi principali disposte secondo la pendenza della falda del tetto
2 MIL Rilievo in terra o in muratura disposto a protezione della parte posteriore delle trincee
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