Ottobre 2015
Sono trascorsi centoun anni e ancora l’omicidio di Elvira Andressi, la giovane prostituta non ancora ventenne è rimasto impunito. Secondo una versione...
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... la “lucciola” è stata uccisa da un poliziotto, il quale, col pretesto di chiedere i documenti all’accompagnatore ed amante della Andressi, ha scatenato la sua ira omicida, contro la “squillo” quando la poveretta si è intromessa nell’operazione di riconoscimento, tentando di quietare l’arroganza dell’agente.
Il militare, del quale inspiegabilmente si sono perdute le tracce, innamorato perso della Elvira, in preda alla gelosia, incapace di dominare la rabbia, per essere stato respinto dalla giovane prostituta, pare abbia estratto il suo stiletto, e conficcandolo nell’addome della giovane, l’abbia uccisa lì, sulla strada.
Una seconda versione, meno particolareggiata, afferma che la poveretta sia stata uccisa con un’arma da fuoco, forse un moschetto.
La giovane, con il volto delineato da una solida geometria lombarda, con gli occhi e la bocca venati di una sensualità istintiva e lievemente maliziosa, fortunata per la sua bellezza, non lo era stata nella sua breve vita.
La carriera di canzonettista, al Sammartino in piazza Beccaria, col nome d’arte di Rosetta de Woltery, è terminata precocemente forse per le insistenti pressioni della madre, forte bevitrice, scostumata e avida di denaro. È addirittura girata voce che, la madre si vantasse sfacciatamente, d’aver venduto la figlia a un ricco signore, quando ancora era una ragazzina di tredici anni. Esperienza questa, che ragionevolmente può aver spinto la giovanissima Elvira alla prostituzione, che incredibilmente svolgeva sul marciapiede della stessa piazza dove abitava: alla Colonnetta di piazza Vetra.
Per l’efferatezza del delitto, e forse in risposta e come avvertimento al presunto omicida, ai funerali della Andressi, meglio conosciuta nell’ambiente della “vita” e della malavita come “la Rosetta”, ha partecipato una folta rappresentanza della mala milanese; tutti gli uomini erano vestiti in nero e le colleghe vestite in bianco, per accompagnar Rosetta al camposanto.
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Per ascoltare su YouTube "La Povera Rosetta" da Gruppo Fantastico Folk clicca qui
La Povera Rosetta
Il tredici di agosto,
in una notte scura,
commisero un delitto
gli agenti di questura.
Hanno ammazzato un angelo:
di nome la Rosetta.
Era di piazza Vetra,
battea la Colonnetta.
Chi ha ucciso la Rosetta
non è della Ligera:
forse viene da Napoli,
è della mano nera.
Rosetta, mia Rosetta,
dal mondo sei sparita,
lasciando in gran dolore
tutta la malavita.
Tutta la malavita
era vestita in nero:
per ‘compagnar Rosetta,
Rosetta al cimitero.
Le sue compagne, tutte,
eran vestite in bianco:
per ‘compagnar Rosetta,
Rosetta al camposanto.
Si sente pianger forte
in questa brutta sera:
piange la piazza Vetra
e piange la Ligera.
Oh, guardia calabrese:
per te sarà finita;
perché te l’ha giurata
tutta la malavita.
Dormi, Rosetta: dormi
giù nella fredda terra;
a chi t’ha pugnalato,
noi gli farem la guerra;
a chi t’ha pugnalato
noi gli farem la guerra.
L’idea di proporti questa vecchia canzone milanese, in questo modo, mi è venuta perché ho trovato tra le carte di mia madre, una stampa laser del testo della canzone, accompagnato da un “resoconto” che evidentemente si era trascritta, firmato da un certo Francesco Chieffi.
Mi ha colpito il fatto che mia madre si pigliasse la briga di scrivere tutto ciò e ho provato un forte senso di tenerezza nei suoi confronti, immaginando solo, l’enorme nostalgia che sentisse, e l’escamotage di trascrivere testo e articolo per… quietarla.
Nota: su Wikipedia, che come sai è la mia fonte preferita, dice che è stato un politico che ha fatto parte dell’Assemblea Costituente. Vedi cliccando qui. Credo però che sia un omonimo del politico il Chieffi autore del “resoconto”.
Trascrivo la stampa laser, così come è scritta, se vuoi leggerla...
Rosette della Vetra, morta per amore
di Francesco Chieffi
All’inizio del secolo, a Milano, ogni antico quartiere dentro le Mura Spagnole aveva il suo bordello.
Ma la prostituzione, in barba alle leggi, si sviluppava pure nelle strade: attorno a Porta Tosa, ad esempio, e alla Vetra. Ed erano in aumento anche i delitti che avevano per vittime mondane e protettori.
La vittima più famosa, destinata ad entrare nella leggenda fu, nel 1914, la Rosetta della Vetra, all’anagrafe Elvira Andressi. Giovane cantante nelle osterie di Porta Ticinese già a 13 anni, lElvira cambiò nome in quello di Rosetta Woltery quando a sedici anni debuttò, applauditissima, come canzonettista in un locale di terz’ordine in Scaldasole, che le spianò la strada al successo al vecchio Teatro Sammartino di Piazza Beccaria.
Fu un successo effimero il suo. Dopo pochi anni, la giovane, passata da un “amico” a un altro, ritornò a cantare alle osterie dei Verdasch (chissà cosa vuole dire??) e a battere in quella piazza Vetra che continuava a chiamarsi Colonnetta, nonostante la Colonna infame, di manzoniana memoria, fosse stata rimossa già alla fine del Settecento. Attorno alla piazza c’erano i Verdasch: una corona di case tipo casbah, che prendeva il nome dal vicolo Vetraschi; case collegate da doppi accessi e cortili, scalinate e ringhiere, regno della mala in cui di sera la stessa Polizia preferiva non avvicinarsi. (Ecco cos’erano e Verdasch… Ivo, un poco di pazienza).
Qui era di moda la “taoletta” da battere sulla testa dei gendarmi per schiacciare loro sugli occhi il chepì (cos’è… ok… aspetto) e favorire le fughe dei ricercati.
La banda dell’Armando Visconti detto “el Viscont”, aveva il quartier generale a “la piola de la Colonnetta”.
In questo ambiente maturò il delitto: il 13 agosto 1914 Rosetta fu percossa a morte al Carrobbio. Con l’ultimo filo di vita, il sangue che le usciva dalla bocca, riuscì a trascinarsi verso la Vetra. Fu raccolta e soccorsa da alcuni conoscenti. Forse disse loro le ultime parole, chissà quali. Venne trasportata all’ospedale, ma poco dopo morì.
Chi l’aveva colpita? E perché? Si parlò di tutto: la vendetta di un protettore o di un agente di pubblica sicurezza respinti dalla Rosetta che non aveva protezioni e amava scegliersi i clienti. Vi fu un gran funerale, organizzato dalla mala, che ne fece motivo di una prova di forza con la Polizia: pur se vi erano molti pregiudicati che accompagnavano il feretro, nessun questurino osò avvicinarsi al corteo.
E dalla fantasia popolare nacque nelle osterie di Porta Ticinese la seguente tiritera che per decenni i cantastorie avrebbero intonato a modo loro, che venne poi ripresa dalla Milly per il suo repertorio, e che ancora oggi è un pezzo forte della tradizione popolare meneghina.
Un abbraccio forte Mà. Ivo
Ps: E il chepì? Lerggi qui.