Lunedì 12 de Dicember 2016
In un pomeriggio nebbioso e freddo, con lo smog a livelli altissimi, (allora non era molto differente, c’era quello dei riscaldamenti centralizzati che lo si “vedeva e toccava” passando un dito sul vetro delle auto posteggiate, sono andato in piazza Fontana.
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Il piccolo e silenzioso corteo, con in testa la delegazione dei familiari delle vittime, il Sindaco ed il gonfalone della Città di Milano, (lo stesso che cinque giorni fa era al Dal Verme) una delegazione di altri Sindaci dell’hinterland oltre che quelli di Bologna, Brescia e Firenze, alcune associazioni, comitati, sindacati e partiti, sono arrivati in Piazza Fontana pochi minuti prima delle 16:37, ora in cui con una tromba ha intonato le note de “il silenzio” seguite dal nostro di silenzio, è iniziata la Commemorazione.
Hanno parlato i rappresentanti di alcuni comitati. Il discorso/ricostruzione dei fatti tenuto da Carlo Arnoldi, Presidente dell’Associazione Familiare delle Vittime è stato da un lato rivelatore, di percorsi processuali a dir poco “prescrittivi” che negli anni forse alcuni si sono persi (io tra loro) per poi terminare con l’emozionante lettura dei nomi delle 17 più uno vittime della Strage. (Più uno ha specificato l’Arnoldi, che è Giuseppe Pinelli).
Dopo Arnoldi, il Sindaco Sala non ha letto il discorso che come hai visto, scrupolosamente attendendo il suo turno aveva preceduto, ripassandosi più volte, ha detto che tutto era già stato detto tutto da chi l’aveva preceduto, ha voluto così tenere… a braccio.
Subito mi ha fatto sorridere e predisposto benevolmente, quando ha detto: «nel 1969 avevo 11 anni». L’ho sentito coetaneo e forse per questo, mi ha accomunato il racconto di come lui bambino ha vissuto quel giorno e tutto il suo semplice discorso commemorativo, il suo primo discorso ufficiale con la fascia tricolore, m’è parso sincero e sentito.
Tra i partecipanti, oltre ad alcuni visi che ricordo ma non per il nome, ho notato Pierfrancesco Majorino, che quando gli ho puntato l’obbiettivo, m’ha sorriso come a dire… “aaancora tu…”.
Ho poi incontrato Luisa De Grada, moglie di Raffaele De Grada detto Raffaellino, partigiano, critico d’arte e pittore, che papà ha conosciuto fin dagli esordi. Per questo, la moglie Luisa quando ho organizzato la Retrospettiva ha voluto essere presente, e ha detto che non mancherà alla mostra del prossimo 31 -Gennaio.
Dopo il discorso di Sala, quando il buio già aveva preso possesso della piazza, come si conviene ad un milanese DOC, un po’ a testa bassa ma passo spedito, ognuno di noi è tornato ai propri pensieri, si è diretto al prossimo appuntamento o… già che sont in centro, a “portars avanti” cont i reagi de Natal.
In attesa della poesia in dialetto milanese della brava Adriana Scagliola, quest’anno classificatasi prima al Concorso di prosa e poesia nelle lingue lombarde “Prima che vegna nòtt” che venga pubblicata sul “La Frusta”, dal quale attingere il testo, ti propongo la altrettanto bella poesia in italiano, “Piazza Fontana” del Cristiano Comolli.
Piazza Fontana
Diciassette anime strappate
dalla scia composta e fiera dei loro sogni
avvolte nell'urlo vigliacco
di una bomba sfuggita a ogni nome;
piazza Fontana,
12 dicembre 1969,
sferragliare di tram assonnati
ricolmi di ansie e fatiche studentesche
e di processioni di veri lavoratori
lo sguardo della Madonnina
sostenuto dal sorriso basaltico
e mai annerito
di guglie che pavoneggiano
la loro genesi gotica
come a volerla donare all'uranio;
solo pochi metri lontano,
il fiero e brulicante svolgersi
del quotidiano contabile e finanziario
di una robusta e orgogliosa banca;
non vi fu chi vide
una mano sanguinante e sghignazzante
strisciare come il verme più bieco
in uno squarcio di destino traditore;
un ticchettio assassino
si annidava tra le scie di parole
di gente ignara e onesta
il conto alla rovescia
di un massacro ribollente di maledizione
a comporsi cominciava
tra le ordinarie trafile dei cassieri
e si aggirava
lucido e impietoso
tra gli interstizi
di sportelli bancari indifesi;
il Duomo riposava inconsapevole
avvinto nel mantello delle sue preghiere
solo lo scoppio
prese allora la parola
camminando su una miccia di lacerante precisione
e parlò una volta sola
inghiottendo ogni altra parola
in un cono d'ombra.
Piazza Fontana
quella stessa mano
che mai rivelò il proprio nome
nascosto tra dita di rame
si ostina ora a non manifestarsi
ebbra di processi
che trovarono colpevoli
e li disfarono in una folata di incertezze;
sfilarono concetti e generalità anagrafiche
su una passerella di confusione e rabbia
terrorismo,
strategia della tensione
anarchia, matrice di destra
Valpreda, Freda, Ventura, Giannettini
quarantadue anni
di depistaggi e ripensamenti
che ancora graffiano la pelle
di poveri innocenti;
dipingere o rinchiudere in parole non si può
la lacerazione rivoltante del morire
senza sapere chi volle
che tu ti chiamassi morte
la mano codarda
si rintana ancora
in un filo di compiacente ombra
mentre una lapide ricordo
la osserva impotente e gemente
senza che il destino le possa concedere la voce
per rivelare dove essa si celi.
Giungerà il giorno
sì, giungerà
dove vi sarà chi vi spiegherà
perché dal mazzo di carte
di una vita che ha scelto di procedere cieca
siate stati estratti proprio voi,
Giovanni Arnoldi,
Giulio China, Eugenio Corsini
Pietro Dendena, Carlo Gaiani,
Calogero Galatioto, Carlo Garavaglia,
Paolo Gerli, Vittorio Macchi
Luigi Meloni, Gerolamo Papetti,
Mario Pasi, Carlo Perego,
Oreste Sangalli, Angelo Scaglia,
Carlo Silva, Attilio Vale.
Vivere per voi
sarà anche non reprimere mai
il desiderio di poter capire
chi tanto subdolamente
vi abbia potuto colpire.
di Cristiano Comelli
Il mio 12 Dicembre 1969
Vivevo dove vivo, solo che allora piazza Abbiategrasso era più che periferia, era in un altro mondo.
Avevo 13/14 anni, (sono nel ’55 e sono stato bocciato un anno in 5ª elementare) quindi nel ’69 ero in prima/seconda media.
Non frequentavo la scuola di quartiere, perché mia madre aveva voluto che frequentassi le scuole medie sperimentali alla Società Umanitaria, in via Pace, a fianco del Palazzo di Giustizia.
Nello stesso complesso scolastico, oltre a noi delle medie, c’erano, gli studenti delle scuole professionali, (fotografia, grafica, meccanica, tipografia etc. etc.) diurne e serali ed il corpo insegnati, e naturalmente tutti i lavoratori della scuola (bidelli, giardinieri, addetti alla manutenzione, alla mensa etc. etc.).
Questo universo “rivoluzionario”… già perché quella scuola, assieme al Rinascita (ma in misura minore) erano gli “avamposti” il “seme” della auspicata futura Società Comunista, che naturalmente già allora si divideva in Marxista, Leninista, Trashista, Maoista, Bakuninana etc. etc.
Quella “bomba innescata” in quel periodo era in… occupazione, permanente, cioè a dire… tutti i giorni si facevano lezioni autogestite, assemblee, riunioni, comitati, confronti, gruppi di studio, giorno e notte, ad oltranza. Per entrare dai cancelli della scuola, bisognava avere un tesserino o essere accompagnato da qualcuno del servizio d’ordine.
Nella slide qui sopra, del raccoglitore interattivo di ricordi che da anni sto organizzando, si vede una parte di quella tessera con foto, ed un disegno (innocente e tenero) della mia fiamma di quegli anni, con la quale sognavo di passeggiare cingendole timidamente il fianco. Il suo nome… la compagna di classe S.M.
P.s. Si lo so, c'è scritto Elio Borgonovo… ma questa è un’altra storia, che ti racconterò un’altra volta.
La slide che segue è un ritaglio di giornale dell’epoca, (conservato da el Viejo naturalmente, come la tessera) che mi ritrae coi compagni di classe, in manifestazione inneggiando… Mao Tse-tung.
Bene, quel 12 Dicembre del 1969, come sempre verso le 17:00 tornavo a casa (la scuola era a tempo pieno) e per andare all’autobus 209 (nero e verde, col motore provvisto di marce ridotte era fianco del conducente, coperto da un “coperchio” con il cartello: non appoggiare i piedi).
L’autobus partiva da via Restrelli ed arrivava in piazza Agrippa. Di lì… a piedi sino a casa.
Passavo spesso in piazza Beccaria, “in Comando” a trovare papà che lavorava all’Ufficio Pubbliche Relazioni del Corpo dei Vigili Urbani, per farmi offrire uno dei... deliziosissimi ed abbondanti panini dello spaccio (nei sotterranei) dove sempre incontravamo qualche suo collega che dopo i complimenti di rito, domandava… “vuoi fare anche tu il pittore come il papà?”. - «Noooo io no so disegnare». Sciossola, te voert anca el ginger? Mi chiedeva papà.
Quella sera, avvicinandomi al Comando avevo visto già da lontano che c’erano molti lampeggianti, poi avvicinandomi maggiormente ho visto che erano per lo più della polizia, e mi sono allertato.
Arrivato in via Larga non mi hanno fatto avvicinare alla piazza (un bambino/ragazzino come ero io… immaginati) ma ho capito che ea qualcosa di differente dal blocco per una manifestazione nei dintorni.
Avrei potuto andare al Comando, tutti i Vigili di piantone mi conoscevano, e chiedere a papà cosa fosse successo, ma una sensazione strana, come a suggerirmi di non “impicciarmi”, di “sloggiare” mi ha fatto decidere di passare sull’altro marciapiede e di andare subito all’autobus.
Quando papà è arrivato a casa, ha ci detto cos’era successo e ha raccontato che mostrando il tesserino da Vigile, l’avevano lasciato passare. Ma non ricordo di suoi racconti. Certamente non ne ha fatti in nostra presenza.
Però, che non fosse convinto della versione “ufficiale” l’ha detto subito.
Sinceramente non avevo capivo la portata e il momento storico che stavo vivendo ed ero disorientato, per quanto alzassi il pugno ed urlassi, “potere… operaio… potere… operaio) a fianco di Katanga come Levrini, avevo 13/14 anni.
Ricordo che ero scosso dalla tragedia e dubbioso della controinformazione. Non mi appariva “affidabile” quanto la televisiva. (Non dimentichiamo che siamo all’epoca de… “L’ha detto la TV” e io non ero certo un eccezione). Così quando tornando a casa, riflettevo sulle versioni sentite a scuola, e mentre tornavo a casa, immaginavo (ancora oggi amo fantasiare con la realtà) di trovarmi davanti a quell’anarchico col pugno alzato (avevo scelto anch’io quella appartenenza. Poi capirai per quale influenza) per chiedergli, guardandolo negli occhi: sei stato tu?
A partire da quel fatto papà, ma anche la mamma iniziato a frequentare gli ambientia (l’Augusta, la Licia Pinelli e el Viejo ha tenuto una corrispondenza con il Valpreda – che potrei trovare se cercassi bene – quando era in carcere. (Ecco l’influenza per la mia scelta politica, di allora…).
Sono passati gli anni (tre mi pare) e quando Valpreda è uscito di prigione, per tre o quattro giorni, in tutto il gruppo anarchico milanese, si telefonava “zabettando” e “sogghignando maliziosamente” sul fatto che il Pietro non fosse ancora uscito dalla stanza, nella quale era entrato con la fidanzata, poi divenuta moglie.
Dopo questa pausa “riflessiva” il Pietro e la Laura (con la guardia del corpo) sono venuti a casa nostra a salutare i miei. così mi sono trovato davanti quell’anarchico col pugno alzato...
Questo è il mio ricordo di quella pagina di storia che ancora non si è realmente chiarita.
Se vedom… elbor
Particolare...
Lavorando sulle foto, nell’immagine dove il Sindaco Sala sta entrando in piazza Fontana, ho notato che c’è una ragazza col capo coperto (qui evidenziata nel cerchio rosso e la parte ingrandita come sfondo) che mi guarda, come la ragazza che ha vicino, non proprio con “benevolmente”.
Incuriosito, mi sono chiesto che potesse essere. Poi mi è venuto in mente che nella giunta di Sala c’è una Consigliera mussulmana il cui incarico ha fatto discutere e sfociare in contestazioni che non mi trovano in disaccordo. Ho cercato in rete, e… secondo me è lei, Sumaya Abdel Qader.
La foto dove sorride è quella nella pagina del Comune di Milano, (la vedi qui). Morale… tra le autorità che hanno presenziato alla commemorazione contro la strage terroristica di piazza Fontana, forse c’era anche lei, che mi guardava imbronciata…