L’ispirazione, elio prova a raccontartela.
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Di ferro, arrugginiti, a elle, a elle appiattita, a sezione triangolare, con la capocchia tonda grossa, da calzolaio o elettricista, con la piattina da ripiegare attorno al cavo, pardon… attorno alla treccia elettrica, storti o raddrizzati, da muro o da legno, insomma, potrei stare qui un’ora ad elencarti tutti i tipi di chiodi che aveva raccolto e conservato amorevolmente, come fossero gioielli o preziosi reperti archeologici.
Ne aveva una latta del caffè piena, di quelli più grossi, due o tre scatole di legno, con quelli diciamo… medi, e poi aveva il ”cassetto dei chiodi” per quelli piccoli. Di basso spessore, simile a quello dei tipografi, se lo era suddiviso ad hoc, per posizionarli in perfetto ordine.
Poi c’erano quelli… in attività. Quelli, sui quali c’era appesa una lampada a petrolio, la gabbietta dell’uccellino, la biciclettina. Quelli che lo seguirlo ad ogni cambio di studio, da quello “in condivisione” nella cascina di via Pistrucci, al quartiere Calvairate, venivano estratti per essere ripiantati nel muro dell'abbaino (questo tutto suo) di piazza del Carmine, per poi conficcarsi nuovamente nelle spesse pareti dello studio (piano terra) a lato de “il Piccolo”, il fabbro di via Magolfa, (il soprannome ti lascia intuire el tamaño del hombre). Eccellente fornitore di chiodi ed altri speciali manufatti, “pagati” con la moneta una volta molto usata … el bianchinn lassà pagà, in quello che era un tabaccaio di via Magolfa, oggi “La casa delle artiste”.
Un chiodo è un chiodo, piccolo, grande, diritto o storto, arrugginito o no, l’abbiamo già visto tutte le sue caratteristiche. La forma non è complessa, ed uno dall’altro non sono particolarmente differenti. Pertanto, che ti dica che papà non attingeva dal suo consistente campionario, i “modelli” da riprodurre nei suoi quadri, è… normale.
Invece, non era normale l’attenzione, la cura, le ore che gli dedicava. Dopo averli raccolti, pulirli o meno, dedicava un sacco di ore a “catalogarli”, allinearli per forma e dimensione.
Ricordo che quando aprivo il ”cassetto dei chiodi” mi cadeva l’occhio su quelli ad “elle”. Pur essendo uno diverso dall’altro, erano scrupolosamente allineati all’angolo retto, diligentemente posizionati per dimensione “decrescente”, nello scomparto a loro riservato, che naturalmente aveva foderato con la carta bianca, per risaltarne le forme. Sembravano dei soldatini vista dall’alto, schierati in una caserma.
In genere ci si dedicava al pomeriggio; tazza di caffè e sigaretta, appoggiava il cassetto sul suo tavolo, e come farebbe un collezionista di… soldatini di piombo, tirava fuori la compagnia delle “teste tonde” oppure la brigata “fascetta piatta” e se ne stava lì a guardarseli, spazzolarli, ed a riordinarli nuovamente, dopo aver inserito l’ultimo arrivato… magari.
È proprio ricordando la passione che aveva per i ciòd, che mi ha fatto scegliere un suo quadro come l’icona che nel suo sito lo rappresenta: un suo quadro (ora mio ), con solo un chiodo piantato nel muro.
L’ho posizionato a destra, sopra la sua firma, inserito nel “muro” della pagina iniziale del sito, l’ho messo sul sull’anta/pagina di apertura del pieghevole realizzato per la retrospettiva, era la prima opera che il visitatore incontrava alla mostra, organizzata il 31/01/2015, ad un anno dalla sua scomparsa, è stato e sarà presente nelle successive e future esposizioni.
Ecco il perché… sintonia.
Lui coi colori dipinge emozioni e sensazioni che noi riconosceremo solo dopo aver visto o letto l’espressione del loro talento.
Se vedom. elbor
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Se scrivom... elbor