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Gennaio 2016 
Il mese scorso, il Marelli m’ha segnalato che la “Č” col “cappello rovesciato” è la lettera che agli slavi indica che Čechov non si legge Zechov.  

 

 

 

 

 

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Sta volta l’hè el Carlo Porta, ad insegnarmi che le lettere così scritte "œ" non sono un errore del computer, che le ha accavallate (infatti quello non sbaglia mai) ma, la versione ottocentesca dello iato “oe”, combinazione delle vocali "a+o" che indica la particolare intonazione in milanese, ad esempio della parola"foeura" o coeur. Quest'ultima anche in francese si scrive e pronuncia come in milanese, o sarà il contrario...
Intonazione difficile da riprodurre per i milanesi non DOC, improbabile per taluni, straziante per altri ancora, al punto che sentendoli, a numm… ge faa vegnì la pell de cappon. Questa lettera l’ho trovata nel libro regalatomi dal carissimo Sergio Calissoni, asterisco che m’ha fatto in occasione del mio sessantesimo compleanno. Una raccolta di poesie del Carlo Porta, contenute in un libretto datato… 1826.

libropc

Ho scelto una poesia, breve che mi ha divertito per il tema tratto, una fastidiosa indisposizione del noster Carlin. Ho chiesto di leggerla al Luigi Pignattai, un amico, ed ottimo alunno, fin dal 2008, dei corsi di lingua e cultura milanese organizzati dal Circolo Filologico, il quale, pensa un po’… mi ha detto essersi iscritto per non dimenticare i suoni che fin da bambino ha sentito in famiglia. 
Nella poesia il suono "œ" compare una sola volta, ma ti consiglio comunque di ascoltare la lettura che il Luigi ha fatto, registrato ed inviatomi per e-mail. Mica male anche con informatica el Luis. L'ho inserirla qui di seguito, assieme alle pagine del libro, così potrai accompagnare la lettura leggendola libro del Carlo Porta del 1826.
Pazzesco.  

 

Legge Luigi Pignattai

libro1

 libro2

Piaciuta... elbor

 oe

Iato: Per saperne di più, clicca qui


Coincidenza simpatica
 Nel Novembre 2015, nell’introduzione al racconto del Luisin tassista ho dimostrato la mia ignoranza, confessando di non aver riconosciuto, nella foto del Luisin il monumento del Carlo Porta. Mentre scrivevo l'introduzione al pezzo, quello sulla famosa “œ”, ho consultato la pagina WikipediA del Carlo Porta: verso il fondo c’è la foto del monumento in questione, la didascalia dice che l’autore si chiama... Ivo, Ivo Soli. Bronzo, 1966.


 AVVISO IMPORTANTE

Caro amico lettore, a partire da questo punto, ho voluto scrivere riflessioni, osservazioni, ricordi e fare omaggio a persone a me care e/o che sono state vicine a papà. Sono considerazioni assolutamente personali,forse piagnucolose o nostalgiche, legittimamente non condivisibili. Mi pare corretto avvisarti.

 calissa 
  asterisco  Il "CalissaSergio Calissoni, anche detto “il Charles Bronson de Milan”   per la sua incredibile somiglianza col famoso attore, (quando era più giovane, era…  gemellare) è stato collega di papà, all’ufficio Pubbliche Relazioni del Corpo dei Vigili Urbani di Milano. 

Era un bellissimo ufficio. Non per la struttura, che era quella di tutti gli uffici del Comando di piazza Beccaria, ma per le persone che lo componevano, a partire dal Capoufficio, il dirigente Morelli (non ricordo il nome). Un bell’uomo, elegante, con un portamento signorile, senza però ostentarlo, ricordo che fumava un tabacco da pipa, piacevolissimo; allora negli uffici si poteva fumare, anche la pipa. 
Poi c’era, il Nando Manoni, un bel abruzzese simpatico, incredibilmente attivo, organizzatore e Public Relations Man di ottimo livello ed abile fotografo, (sua è la foto di papà che ha usato spesso nei suoi dépliant, ed io seguo usanda).

papà

 C’era il Gianni Greppi, di statura alta e con un fisico corposo, colmo e tranquillo, anche nei movimenti, di poche parole, l’esatto contrario del Nando, con un umorismo delicato ma tagliente. Conosceva mezza Milano, l’uomo ’ideale per intraprendere qualunque iniziativa, appassionato di ciclismo, era spesso richiesto al seguito di importanti corse, ed in sua compagnia, sulla sua Mercedes, amavano starci importanti giornalisti sportivi. Anche papà l’ha accompagnato più di una volta, condividendo come lui, la passione del ciclismo da sempre. 

C’era papà, l’anima artistico/creativa del gruppo, che con i suoi disegni si occupava della parte grafica della comunicazione della iniziative e… il Sergio Calissoni, il più giovane, più bello, più elegante, atletico/sportivo (praticante), sempre disponibile ed entusiasta, propositivo e… generoso. Non che gli altri non lo fossero, ma forse per il minor divario di età apparente (lui dimostrava 15 anni meno) mi aveva preso in simpatia. 

Non potrò mai dimenticare, quando mi ha regalato dicendomi, … - sai, a me va un poco largo … un suo maglione, che aveva una lavorazione rossa, bianca, nera, blu, vistosissima (che non avrei mai comprato, anche perché di marca, quindi caro).
Lo l’ho preso… senza tanta convinzione. Poi il primo giorno che l’ho indossato, ho ricevuto un sacco di complimenti dalle mie amiche, che non avevano mai fatto un apprezzamento per il mio look. È diventato il mio look preferito, quasi quasi anche d’estate.

Il Calissa, m’ha venduto, per un prezzo irrisorio, i sui sci Völkl, (facendoli laminare prima) con attacchi Salomon, a sganciamento laterale, che quando ero sulle piste, guardandomeli, mi chiedevano… sono l’ultimo modello?(sai allora ce la si tiravaaaaa) M’ha portato ad acquistare in un negozio di un suo amico, gli scarponi Lanche, con ammortizzatore al calcagno. Parliamo del 1970/72.

Sciava a sci uniti, tanto ma tanto... con gli scarponi strettissimi alle caviglie, leggermente flesso sulle gambe e con le braccia esageratamente aperte, (per lo stile di oggi) ma che allora lo si confondeva, per stile e portamento, con i maestri. Un mito il “Calissa”. Stimava molto papà e la sua pittura, ha comprato dei quadri suoi, che sono “appesi” alla Permanente Virtuale. È venuto alla Retrospettiva, che l’ha commosso parecchio. Insomma, Sergio è un amico al quale voglio molto bene.


 tipogr-mini 
La tipografia (Piuttosto lungo, tecnico, "palloso" se non sei del settore) 
Questo libro è stato stampato tipograficamente, composto con i caratteri a piombo, lo si nota dalla pressione che questi hanno avuto sullo spessore della carta. 
Una tecnica, inutile dirlo, oggi praticamente scomparsa. Solo per chi non la conoscesse, e perché m’ha sempre affascinato… Consiste nel posizionare singoli parallelepipedi di piombo, uno affianco all’altro, su una squadretta, formando la riga, il paragrafo, la pagina. Questi parallelepipedi, hanno su una faccia, impressa a rilievo, specularmente rovesciata rispetto alla stampa finale, una lettera. 

Una volta, scrupolosamente divisi per dimensioni, erano raccolti in grandi cassettiere di legno, (oggi non so) i cui cassetti negli anni 70/80’ erano diventati oggetti di moda, usati come bacheche decorative, appese al muro e riempite di ninnoli. 

Quando il corpo tipografico (dimensione) da usare è piccolo, il tipografo in certi casi usa una pinzetta, e per essere certo della scelta, ne provava l’esattezza premendo il parallelepipedo sul dorso della mano, per leggerne il risultato in stampa.

Completata una riga, viene posto un parallelepipedo orizzontalmente “vuoto” per distanziare la successiva riga, (interlinea) e così via, sino a comporre il testo della pagina. 

È un metodo di stampa fatto di regole precise, che necessita tanta pazienza ed infinita esperienza, che possono essere tramandate solo dai vecchi tipografi, ai giovani apprendisti, motivi questi, che assieme alla lentezza ed all’alto costo di esecuzione, ha fatto scomparire la stampa tipografica, ed il piacere di tenere tra le mani un libro di… rilievo.

 Io ho avuto la fortuna, quando lavoravo nel settore, di vedere un paio di volte una tipografia in opera, mi ci sono cimentato per qualche ora, ma… quando andavo a scuola. Era un istituto professionale: l’Umanitaria, e facevamo lezione nel laboratorio di tipografia.  

Tutta questa smarronata, sulle tecnica di composizione tipografica, l'ho scritta perché riflettevo... che oggi chiunque, me compreso, può comporre (digitare) una pagina, una dietro l’altra, sino a produrne un… libro. Fare le correzioni necessarie, (una, due tre volte…) prima di portare/inviare via Internet il file in un centro stampa, e passare a ritirare il libro il giorno successivo.

giovan

Ecco.. el Giovan, (il vecchio tipografo) che ha composto il libro delle poesie de Porta, ha fatto alcuni irrilevanti, impercettibili errori.

Ha adottato la regola di mettere uno spazio (parallelepipedo verticale “vuoto”) tra l’apostrofo e la parola di congiunzione, uno spazio prima della punteggiatura, eccetto per il punto quando è alla fine della frase. Ma alcune volte si è sbagliato. È normale…

 

E la pell rossa, infogada
   Comè i facc …..

Di campann , de chi je sonna
   O dà orden de sonà,
   Ho ditt roba bolgironna :
   Bon ch’ el ciel nol m’ha daa a trà. 

…..
   Sfondaa in lecc senza fall su ,
   Che Dio guarda ! me fuss most.

Questi impercettibili imprecisioni, sono tali per noi, oggi… ma 190 anni fa, per el Giovan, in taluni casi poteva voler dire ricomporre TUTTE le righe successive del paragrafo, e se si trattava di una o più parole dimenticate da aggiungere, poteva addirittura ricomporre una o più delle successive pagine, specie quando il testo era impaginato “a pacchetto” disposto su tutta la riga, . 
Oggi dobbiamo solo fare un “cancella” e  digitare la correzione, al resto ci pensa.. “lui”. Lui chi... Quello che non sbaglia mai.  
Comunque, senza la professionalità del Giovan non potremmo oggi fare ciò che ho fatto sino a qui, errori compresi, che correggerò con un tac-tac su un tasto e... tutto fatto. 

Giovan, grazie de cœur e grazie a te se mi ha letto sino a qui.